ANTON ČECHOV Racconto breve IL CAMALEONTE Testo Italiano ITA

 

 

 

Anton Čechov

Il camaleonte

(Ru: Hameleon)

(1884)

 

 

Racconto breve russo

letteratura russa – scrittori russi

testo tradotto in italiano

 

 

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Anton Čechov

Il camaleonte

(Ru: Hameleon)

 

 

      Attraverso la piazza del mercato va il commissario rionale di polizia Ociumielov in cappotto nuovo e con un fagottino in mano. Dietro a lui cammina una guardia dai capelli rossicci con un setaccio colmo fino all’orlo di uva spina sequestrata. All’ingiro silenzio… Sulla piazza non un’anima… Le porte aperte delle botteghe e delle bettole guardano tristemente il mondo creato, come fauci affamate; accanto ad esse non ci sono neppur mendicanti.

– E così tu mordi, maledetto! – ode a un tratto Ociumielov. – Ragazzi, non lasciatelo scappare! Oggidì è proibito mordere! Tienilo! A… ah!

 

Si sente uno strillo canino. Ociumielov guarda da un lato e vede che dal deposito di legna del mercante Piciughin, saltando su tre zampe e voltandosi indietro, corre via un cane. Lo rincorre un uomo in camicia di percalle inamidata e panciotto sbottonato. Gli corre dietro e, sporgendosi col corpo in avanti, cade a terra e afferra il cane per le zampe posteriori. Si sente un secondo guaito e il grido: «Non lasciarlo andare!». Dalle botteghe si affacciano fisonomie assonnate e ben presto vicino al deposito di legna, come spuntata di sotterra, si raduna una folla.

 

– Qualche disordine, pare, signoria!… – dice la guardia.

Ociumielov fa un mezzo giro a sinistra e va verso l’assembramento.

Proprio vicino al portone del deposito vede che sta l’uomo sopra descritto e, levando in alto la mano destra, mostra alla folla un dito insanguinato. Sulla sua faccia semiebbra par che sia scritto: «Ora ti stronco, furfante!», e anche il dito stesso ha l’aspetto d’un segno di vittoria. In quest’uomo Ociumielov riconosce l’orefice Chriukin. Al centro della folla. Con le zampe anteriori divaricate e tremante in tutto il corpo, è accovacciato al suolo l’autore dello scandalo in persona: un cucciolo bianco di levriero dal muso aguzzo e con una macchia gialla sul dorso. Nei suoi occhi lacrimosi è un’espressione d’angoscia e di sgomento.

 

– Che cosa succede qui? – domanda Ociumielov, fendendo la folla. – Perché questo? Perché mostri il dito?… Chi ha gridato?

– Io vado, signoria, e non tocco nessuno… – comincia Chriukin, tossendo nella mano, – sto parlando della legna con Mitri Mitric’, e tutt’a un tratto questo vigliacco, che è che non è, mi morde il dito… Voi mi scuserete, io sono un uomo che lavora… Il mio è un lavoro minuto. Bisogna che m’indennizzino, perché io con questo dito forse per una settimana non farò un movimento… Anche nella legge, signoria, non sta scritto che da una bestia si debba tollerare… Se ognuno potrà mordere, sarà meglio neppur vivere al mondo…

– Uhm!… Bene… – dice Ociumielov severamente tossendo e muovendo i sopraccigli.- Bene… Di chi è il cane? Io non la lascerò così.

 

V’insegnerò a lasciar liberi i cani! E’ ora di rivolger l’attenzione a simili signori che non vogliono sottostare alle disposizioni! Quando gli daranno una multa, al mascalzone, imparerà da me che cosa voglioni dire i cani e le altre bestie randagie! Gli farò vedere io!… Eldirin, – si rivolge il commissario alla guardia, – cerca di sapere di chi è il cane e stendi verbale! E il cane va soppresso. Senza indugio! Di sicuro è arrabbiato… Di chi è il cane, domando?

 

– A quanto pare, è del generale Zigalov! -dice qualcuno della folla.

– Del generale Zigalov? Uhm!… Toglimi un po’ il cappotto, Eldirin…

Fa un caldo terribile! S’ha da supporre che stia per piovere… Una sola cosa non capisco: come ha potuto morderti? -si rivolge Ociumielov a Chriukin. – Forse che può arrivarti al dito? E’ piccolo e tu guarda lì che uomo grande e grosso sei! Tu probabilmente ti sei graffiato il dito con un chiodino, e poi t’è venuta in testa l’idea di spillar quattrini. Tu, già… che gente siete si sa! Vi conosco, diavoli!

 

– Lui, signoria, gli ha premuto il sigaro sul naso per divertirsi, e lui, non essendo stupido, zaff… Un attaccabrighe, signoria!

– Mentisci, guercio! Non hai visto, e quindi perché mentire? Sua signoria è un signore intelligente e capisce chi dice bugia e chi parla in coscienza, come davanti a Dio… E se io mentisco, ne giudichi il conciliatore. Da lui, nella legge è detto… Oggidì tutti sono uguali… Io stesso ho un fratello nei gendarmi… se volete sapere…

– Non discutete!

– No, non è del generale… – osserva significativamente la guardia.

-Il generale di così non ne ha. Lui ha soprattutto dei cani da fermo…

 

– Lo sai di sicuro?

– Di sicuro, signoria…

– Lo so anch’io. Il generale ha dei cani di prezzo, di razza, e questo lo sa il diavolo che cos’è! Né pelo né figura… una cosa ignobile, nient’altro… E tenere un simile cane?!… Ma dove ce l’avete l’intelligenza? Se s’incontrasse un cane simile a Pietroburgo o a Mosca, sapete che avverrebbe? Là non guarderebbero nella legge, ma sul momento: muori! Tu, Chriukin, hai patito un danno e non lasciar questa faccenda così… E’ necessario dare una lezione! E’ ora…

 

– Ma fors’anche è del generale… – pensa ad alta voce la guardia.

– Sul muso non ce l’ha scritto… Giorni fa nel suo cortile ne vidi uno così.

– Si sa, è del generale! – dice una voce dalla folla.

– Uhm!… Mettimi addosso, caro Eldirin, il cappotto… Tira un po’ di vento… Ho dei brividi… Tu lo porterai dal generale e là domanderai. Dirai che l’ho trovato e mandato io… E di’ che non lo lascino andar sulla strada… Forse è di prezzo, e se ogni porco gli premerà il sigaro sul naso, ci vorrà molto a rovinarlo? Il cane è una bestia delicata… E tu, tanghero, abbassa la mano! Non hai da mettere in mostra il tuo stupido dito! Tu stesso ci hai colpa!…

 

– Viene il cuoco del generale, gli domanderemo… Ehi, Prochor! Vieni un po’ qua, caro! Da’ un’occhiata al cane… E’ vostro?

– Che idea! Di simili da noi non ce ne sono stati mai.

– E qui non c’è da far tante domande, – dice Ociumielov. – E’ un cane randagio! Non C’è da far lunghi discorsi… Se ho detto ch’è randagio, vuol dire ch’è randagio… Sopprimerlo, ecco tutto.

 

– Non è nostro, – continua Prochor.-E’ del fratello del generale, ch’è arrivato l’altro giorno. Il nostro non è amante dei levrieri. Suo fratello ci ha passione… – Ma che è arrivato suo fratello? Vladimir Ivanic’? – domanda Ociumielov, e tutta la sua faccia s’inonda d’un sorriso d’intenerimento.-Guarda un po’, Signore! E io che non lo sapevo! E’ venuto in visita per un po’ di tempo?

– In visita…

– Guarda un po’, Signore!… Sentiva la mancanza del fratello… E io nemmeno lo sapevo! Così questo è il suo cagnolino? Molto piacere…

 

Prendilo… Il cagnuzzo non è male… E’ così vispo… Ha dato un morso a costui nel dito! Ah-ah-ah!… Su via, perché tremi? Rrr… Rr… Si arrabbia il briccone… è un tal cagnetto…

Prochor chiama il cane e s’allontana con esso dal deposito di legna…

La folla ride forte di Chriukin.

 

– Arriverò ancora fino a te! – lo minaccia Ociumielov e, chiudendosi nel cappotto, continua il suo cammino per la piazza del mercato.

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Anton Čechov – Il camaleonte

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